Mario De Simoni, Direttore Generale Azienda Speciale Palaexpo

Grazie a una felice intuizione dell’ allora Presidente Emmanuele Emanuele, lo Spazio Fontana del Palazzo delle Esposizioni presenta in anteprima i dipinti di Roberto Ferri che costituiranno la Via Crucis della restaurata Cattedrale di Noto.

Nel corso del Novecento anche l’ arte sacra si è dibattuta, e non sempre con esiti felici, in quella dicotomia talvolta drammatica per la critica d’ arte del nostro tempo, costituita dal rapporto fra astrazione e figurazione. Viene però da chiedersi se questo, proprio quando si parla di arte sacra, non sia in verità un falso dilemma, specie se si tiene l’ occhio alla definizione di arte che un giorno ebbe a dare André Malraux: “Ciò attraverso cui le forme diventano stile.”

E, nel caso specifico dell’ arte sacra, attraverso lo stile le forme giungono a rappresentare la realtà, in questo caso la realtà più alta, l’ ultima realtà, essenza di tutte le cose. Risultato che, mi pare, Roberto Ferri abbia raggiunto in tutta la sua pienezza. Risultato che certo può essere raggiunto anche andando oltre il figurativo, se solo si consideri quanto l’ astrattismo sia una modalità espressiva perfettamente connaturata all’ idea stessa dell’ assoluto. Come non considerare gli altissimi risultati raggiunti dall’ arte sacra non figurativa del Novecento, da Mark Rothko a Dan Flavin, a Gerard Richter? Con la splendida eccezione dei sentieri percorsi da Bill Viola, peraltro non definibili nel segno dell’ arte sacra, poiché in essa non rientrano.

In Italia c’è un luogo in cui questi temi si fanno attualità, carne viva, fuoco della creazione, grazie anche alla provvida follia di Vittorio Sgarbi: la recuperata Cattedrale di Noto. Fra i molti artisti coinvolti, che fanno della Cattedrale forse il più grande cantiere di arte sacra oggi esistente (mi viene in mente l’ eccezione della Sagrada Famìlia), il ciclo della Via Crucis, massimo momento devozionale, è stato appunto assegnato al giovane Roberto Ferri, pittore potente nel risultato quanto umile e riservato nel carattere, che non si è fatto condizionare né spaventare dal piccolo formato, per raggiungere risultati impressionanti, sino a osare un confronto michelangiolesco, nell’ assumere e trasfigurare il modello della Pietà vaticana. Anche se poi, nella stazione IV, l’ altra grande stazione del rapporto con la Madre, può venire in mente, commossi, la canzone di Bruce Springsteen:

Jesus was an only son
As he walked up Calvary Hill
His mother Mary walking beside him
In the path where his blood spilled
(Jesus was an Only Son, da Devils and Dust)

Nell’ osservare le stazioni dipinte da Roberto Ferri è impossibile non soffermarsi sul significato della Passione, non interrogarsi angosciosamente, alla ricerca della nostra più recondita sincerità, sulla storia densa di drammatica speranza che si svolse sul Calvario, cominciata fra la dolcezza di antichissimi ulivi, simboli di salvezza.

Per amore,
per amore il mio Salvatore vuole morire, Egli, che non conosce il peccato.
Affinché la condanna eterna e il castigo della giustizia
non cadano sopra la mia anima.
(Matthäus Passion, J.S. Bach)

Grazie Roberto, per averci ricordato tutto questo con la sintesi potente della tua arte, che siamo lieti di presentare nello Spazio Fontana del Palazzo delle Esposizioni, prima che trovi la sua definitiva collocazione nella Cattedrale di Noto.
Mario De Simoni, Direttore Generale del Palaexpo, Roma

Mario De Simoni, Direttore Generale del Palaexpo, Roma